venerdì 12 febbraio 2010

Incipit

Buenos dias a todos!
Benvenuti nel blog Rocking Down Under, che mi accompagnerà nei prossimi 5 mesi che trascorrerò in quel di Sydney e si spegnerà subito dopo con un eroico harakiri.
Innanzitutto, una breve precisazione: questo blog non ha alcuna velleità letteraria, ma vuole solo narrare le epiche avventure del sottoscritto in questi futuri mesi nel down under.
Vista la comunicazione resa più problematica dal fuso orario e la mia proverbiale pigrizia nell'alzare la cornetta per farmi sentire, ho pensato che la soluzione blog fosse la migliore per chi volesse essere al corrente di quello che mi accade tra canguri e ragni velenosi.
A dir la verità, ho sempre pensato che chi scrive i blog finché è in viaggio in realtà non si sta divertendo come cerca di far trasparire, perché se così fosse non passerebbe tanto tempo davanti al computer. Perciò la frequenza dei miei post saranno un indicatore indiretto della mia vera situazione, con un intervallo compreso tra un post al giorno (da leggersi: Cernusco sul Naviglio è meglio di Sydney) a una morte prematura del blog per mancanza di tempo per scrivere (da leggersi, con un fastidioso accento milanese: Fìga, Questa Australia ci sta dentro di brutto!!). Ciononostante, prometto che mi impegnerò per aggiornare con una certa regolarità il RDU (i.e. Rocking Down Under; da buon bocconiano, dopo poche righe inizio già a creare acronimi come se piovesse).

Bene.
Ora iniziamo.


La fase pre-partenza, ovvero la tinca col tanga e altre storie

Anche se sono 10 mesi che so che dovrò partire per Sydney, non sono arrivato per niente preparato psicologicamente alla partenza. Sarà che fino al 2 febbraio sono stato costretto a studiare (bye bye Economici di base), sarà che poi è arrivata Maggie a trovarmi, ma fatto sta che fino a quando l’aereo non è partito, non mi sono reso conto esattamente cosa stavo per iniziare. Questo è anche il motivo per il quale ho risposto sempre abbastanza apaticamente a chi mi chiedeva se fossi nervoso.
Gli ultimi giorni patri sono trascorsi nel migliore e più dolce dei modi, con una pacifica invasione da parte di una persona dalla regione che diede i natali ai più spietati conquistadores.
Inoltre, in questi giorni è stata creata, da due menti sicuramente instabili, l’immagine di un nuovo animale mitologico, pronto a collocarsi direttamente tra Cerbero e il Minotauro. Ladies and gentlemen, la RDU production è orgogliosa di annunciare ufficialmente la nascita (rullo di tamburi o, se siete più disneyani, Circle of Life in sottofondo) della Tinca col Tanga. Sembra questa sia nata da un rapporto non protetto tra il pesce Flubber del film La Sirenetta e la dea della caccia Artemide, rendendo perciò questa nuova creatura dotata di poteri taumaturgici in grado di sconfiggere l’acne, l’alitosi e altre piaghe del mondo moderno.
Vabbé sto divagando, ma sono in aereo (quasi sopra il Mar Caspio) e non ho un cacchio da fare, ergo vi rendo partecipi delle mie elucubrazioni mentali.
Ad ogni modo, questa divagazione mitologica era per spiegare che gli ultimi giorni italici sono andati alla grande.

Ora assumete uno sguardo più accigliato che si torna a parlare di cose serie.
Una delle poche cose che ho notato prima di partire è che sarò presto il membro della mia famiglia che si sarà allontanato maggiormente dalla città di Romeo e Giulietta. Supererò anche mio nonno che, nonostante abbia girato il mondo, al massimo si è spinto in Indonesia. (Sono sicuro anche che, tra tutti quelli che mi hanno detto che avrebbero voluto venire con me, lui era quello che sarebbe venuto più volentieri).
Lo spirito con cui affronto questo secondo scambio è assolutamente diverso però da quello che avevo prima di andare a Maastricht. Lì avevo voglia di staccare un po’ da una vita milanese che non stava andando a gonfie vele. Penso si possa dire che vi sono riuscito. Quella era anche la mia prima esperienza all’estero con tutto quello che ne deriva. Ora le cose sono parecchio diverse. In generale va tutto benone, sia per quanto riguarda l’università che per quanto riguarda gli affetti. Sono però gli ultimi mesi della mia gaudente vita studentesca e perciò è anche l’ultima possibilità per fare un’esperienza simile. Voglio perciò vivere al massimo questi mesi australiani, visto che la pacchia is nearly over.
Spero che sia diversa però da Maastricht e non perchè in Olanda non mi sia divertito, ma perchè non voglio ripetere la stessa esperienza. Vorrei che Sydney fosse meno “Erasmus” e più altro: più la scoperta di un paese diverso da quelli che ho visitato finora; più individuale e meno collettivo, anche perchè non credo si possa ricreare un gruppo paragonabile a quello di Maastricht; più maturo anche per certi versi, perchè parto con la consapevolezza di quello che c’è a casa.

Ora smetto di tediarvi con queste fregnacce introspettive e torno ad essere lo scanzonato storyteller di sempre.


La partenza o “Andrew, il baro malato e altre storie”
Prima cosa: quando i chilometri che mi separavano da casa non erano ancora arrivati ad essere in tripla cifra mi sono accorto di aver dimenticato l’iPod a casa: cazzo, cazzo, cazzo. In tutti i viaggi Milano-Verona non l’avevo mai dimenticato a casa. Avevo persino sistemato la cuffietta e pulito il cavetto con l’alcol (sì, era così zozzo!). Vabbè, pazienza, vorrà dire che in questi mesi ascolterò solo il fischio del vento, il fragore delle onde, (deviazione poetica che non mi si addice per niente, lo so) e il richiamo dei koala in calore (recupero in fretta il tono linguistico che più mi appartiene).
Dopo il saluto ai parents e alla sister in quel di Malpensa (hasta luego, family) e un paio d’ore di attesa nell’unico hub internazionale sprovvisto di wi-fi, finalmente a bordo della Singapore Airlines.
I primi passi nell’aereo sono stati di forte impatto: sedili enormi e super cuscinosi che sembravano gli sdrai dei bagni più cool di Forte dei Marmi. Non ho fatto tempo ad esaltarmi al pensiero della gran dormita che avrei fatto, quando ho capito che mi trovavo in Business Class (sigh!). Comunque, anche se non ricordano la Lunigiana, anche i sedili dell’Economy costituiscono un netto miglioramento nella qualità della vita per uno abituato a viaggiare su Ryanair.
La divisa delle hostess è un’altra cosa che ti sorprende all’inizio: niente minigonne e camicette, ma un vestito con un tema floreale, che ti sbatte subito in faccia l’essenza orientale della compagnia. Penso che questo voler associare un’efficienza ed una precisione occidentale ad una raffinatezza ed attenzione ai dettagli più tipicamente orientale, sia una caratteristica di Singapore. Vedremo se le mie sensazioni verranno confermate.
Appena arrivato al mio posto mi sono comportato un po’ come un bambino con un nuovo gioco: ero impaziente di vedere cosa offriva lo schermo che avevo davanti, volevo leggere i quotidiani che consegnavano sull’aereo (la Repubblica, el Pais e the Straits Times, quotidiano singaporiano), volevo iniziare a scrivere per il blog, etc etc.
Alla fine invece sono finito a giocare a scacchi con Andrew, il mio vicino taiwanese di 10 anni. In una non esattamente classica Italia-Taiwan a scacchi, Andrew se l’è cavata bene per la sua età, fino a quando non si è inventato una regola un po’ strampalata per evitare che mi pappassi la sua torre secessionista. La partita è stata poi sospesa per l’arrivo del pranzo (mi sono ripromesso di mangiare tante cose nuove in questo viaggio e ho già iniziato con dei non troppo esotici broccoletti bolliti), ma vi terrò aggiornati sul proseguo dell’incontro.
Come recita il titolo, Andrew è anche malaticcio: spero non mi attacchi niente.

Ho potuto constatare la qualità della preparazione delle hostess quando, alla mia prima visita alla toilette, ho inavvertitamente premuto il tasto per chiamare aiuto al posto dello sciacquone. Non ho fatto nemmeno tempo ad abbottonarmi, che hanno iniziato a bussare alla porta con insistenza, al che ho aperto con un sorriso del tipo scusate-ma-non-sono-solito-urinare-in-voli-intercontinentali-e-faccio-ancora-un-po’-di-confusione-coi-tasti.

C’è una sola cosa che ancora mi sfugge. Capisco perfettamente la funzione dei vari cuscini, coperte, spazzolini che ci sono stati consegnati, ma...perché ci danno dei calzini? Sono ancora troppo poco dentro il mood orientale per capirlo. Ho ipotizzato che è per evitare che la gente giri scalza nell’aereo (come per l’appunto sta facendo il mitico Andrew).

Nella cineteca dell’aereo ho scelto di vedere Amreeka: parla anch’esso di un viaggio, però verso ovest, dalla Palestina agli Stati Uniti. Il film è carino, spero però di avere meno problemi ad ambientarmi in Australia di quanti ne ha avuti la protagonista negli States.

Questo post è stato scritto per metà tra il Mar Nero e il Turkmenistan e per metà in mezzo all’Oceano Indiano. Nemmeno il mio più celebre omonimo ha attraversato tanti paesi quando ha scritto, rigorosamente on the road, il bestseller De Bello Gallico.
Ora il computer di fronte al mio schermo dice che mancano 2 ore e mezza all’atterraggio, quindi vedo di schiacciare un pisolino, altrimenti domani sarò distrutto.

Non preoccupatevi che non mi dilungherò più così a lungo, però dovevo trovare un modo per riempire tutte queste ore di volo.

Chi non legge perderà a scacchi con Andrew.

PS. Alla fine Andrew con le sue regole discutibili mi ha sconfitto. Ridete pure, lo merito. D’accordo che non sarò un campione di scacchi, ma lui era così concentrato che non ha mai alzato gli occhi dalla scacchiera. Comunque, quando Andrew sarà ribattezzato “la risposta taiwanese a Kasparov” qualcuno gli ricordi che l’inizio della sua carriera è viziato da una palese opera di baro.

1 commento:

  1. Ahah..battuto dal piccolo Andrew! :) E' ciò che ti meriti per aver sempre vinto contro di me, barando alla grande! ;) ciao fratellino!

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