martedì 16 febbraio 2010

The sweetest first Asia appetizer

E rieccomi, appena decollato dal Changi Airport e diretto verso sud-est. Non so ancora se l’aereo abbia superato o meno l’Equatore, ma se non l’ha ancora fatto, poco ci manca.
Questi giorni a Singapore non avrebbero potuto essere migliori per avere quel primo piccolo assaggio di Asia che ti lascia in bocca la voglia di tornare per assaporarne la sua parte più profonda. Sicuramente Singapore non può essere paragonabile agli altri paesi del sud-est asiatico, visto che la sua precisione ed efficienza avrebbero pochi eguali anche in Europa.
D’altro canto, nonostante l’influenza occidentale sia evidente, l’anima profondamente asiatica di questo paese emerge in ogni cosa. La ritrovi nelle tradizioni e nelle usanze delle persone, nel cibo, nelle bevande, nell’educazione, nei tempi dei discorsi, nella frenesia dei movimenti; tutto ciò non può non attirare l’attenzione di chiunque, come me, era alla sua prima esperienza in questo continente.
Prima però di parlare però dei miei giorni singaporiani (questo è l’aggettivo scelto dal correttore automatico, io preferico singaporegni, de gustibus), volevo spendere una parola per il magico Denzyllo. Sicuramente, se i miei primi giorni asiatici sono andati così bene, lo devo in gran parte a lui e alla sua famiglia. Denzyl mi ha portato in giro ovunque per farmi vedere le diverse zone della città. L’idea che una persona si fa di una città dipende molto da chi te la mostra; se ho apprezzato tanto questi giorni il merito è indubbiamente suo.
Sia lui che il resto della sua famiglia cercavano di farmi assaggiare ogni volta diversi piatti locali. Nella mia ignoranza europea ero convinto di mangiare sempre involtini primavera, invece non ho mai ripetuto una volta la stessa pietanza e non ho mai avuto problemi a terminare quello che avevo davanti. (Per chiunque fosse preoccupato che Andrew mi avesse infettato, non temete, anche se così fosse stato tutto il chili che ho mangiato ha sicuramente ammazzato tutti i batteri). Insomma, quello che dicono sull’ospitalità orientale è confermato.

C’è tanto da imparare da questo ex villaggio paludoso di pescatori divenuto la capitale finanziaria dell’Asia e il secondo porto al mondo. Nonostante la crescita rapida e vertiginosa, sono ben distanti però dal volersi adagiare sugli allori. La voglia di mettersi in gioco, di continuare a migliorare, di non accontentarsi dell’innegabile successo economico si ritrovano in diversi aspetti della vita sociale del paese. Si vedono nelle decine di cantieri pubblici per costruire strade (già di un’ampiezza impensabile per gli standard delle città europee), ponti ed altri edifici pubblici. Si vedono nelle dozzine di giardinieri costantemente impegnati a curare i parchi pubblici, dove l’erba non è mai più alta di quella che si vede nei campi di golf e dove ogni piantina ha il suo bastone di sostegno. Si vedono nella pulizia delle strade (si dice che vengano lavate col sapone) e degli altri luoghi pubblici. Si vedono nei cartelli per la città recitanti “low crime doesn’t mean no crime”, che, per un paese il cui tasso di criminalità è probabilente secondo solo al Vaticano, appare incredibile. Si vedono nell’attenzione nel rispettare le tradizioni religiose delle diverse popolazioni che vivono nel paese, come per i cartelli che raccomandano di non avvicinare al cibo malese (in quanto musulmano) i bastoncini cinesi (quindi impuri perchè a contatto con carne di maiale).
Noi (inteso come italiani, ma forse anche come europei) da tempo ormai non riusciamo a rinnovarci e tornare ad essere un punto di riferimento per l’economia mondiale, anche perchè continuiamo a fissarci l’ombelico ripentendoci che come noi non c’è nessuno. Forse dovremmo avere un po’ più di umiltà e prendere esempio da paesi come Singapore, che, nonostante sia il paese con il più alto tasso di milionari nella popolazione, non rinuncia a continuare a mettersi in gioco, per non perdere la posizione da primato duramente conquistata.

Ma ora bando alle ciance. So che vi interessa sapere cosa ha combinato il vostro beniamino in questi giorni, so here we go.

Giorno 1 oppure “Il pranzo del Sultano del Brunei e altre storie”
Arrivato finalmente a Singa (è stata durissima alla fine separarsi da Andrew), compilato il form per l’immigrazione che ricorda che il possesso di droga è punito con la morte (ah sì dimenticavo a Singapore non sono molto liberali), tolto l’inutile giubbino di pelle, ecco finalmente Denzyllo, con tanto di fratello Darryllo al seguito, a prendermi in aeroporto.
Appena si esce per strada la prima cosa che non mi aspettavo: vi sono alberi e giardini ovunque. Avete presente quegli alberi che si vedono sempre nei documentari sulla savana? Esatto. Ma sono dappertutto. Nemmeno in pieno centro si riesce a trovare una via che non sia piena di alberi e siepi. Probabilmente, se non fosse così verde, questa città dove la temperatura non scende mai sotto i 25° e le macchine sono ovunque, sarebbe invivibile. In ogni caso, è stata una bella sorpresa.
Per prima cosa, Denzyl è andato dal dottore a farsi fare un certificato medico per non dover andare in caserma finché io ero lì (è stato bello vedere come queste cose funzionino anche nella perfetta Singapore). Dopodichè, a mangiare.
A detta degli abitanti stessi, visto che la città non offre queste grandi distrazioni, una delle attività preferite dalla gente è andare a mangiare. In più punti della città sono dislocati i cosidetti food centre, strutture dove sono presenti diversi punti di ristoro con i tavoli in comune, in modo che la gente può prendere da mangiare da più venditori. Il primo pranzo singaporiano si è svolto in uno di questi centri.
Per continuare il “bella vita lifestyle”, Denzyl mi ha subito fatto fare una degustazione di diverse pietanze alle quali le mie papille gustative di certo non erano abitutate. Tra queste ve n’era una che si dice sia talmente amata dal Sultano del Brunei, che questi a volte manda un aereo a Singapore solo per procurarsela, e lo fa esattamente dove l’abbiamo mangiata noi.
Nel resto della giornata ho fatto il turista tra il distretto finanziario e Chinatown, anche se totalmente rincoglionito dal fuso orario.

Giorno 2 oppure “Il Flaming Lamborghini e altre storie”
Il secondo giorno è sicuramente stato il più pieno. Durante la giornata scorpacciata di templi, che in Italia non si trovano spesso, dalle moschee, ai templi buddisti e hindu. Da quando da piccolo leggevo le storie della mitologia greca, ho sempre trovato le religioni politeiste più simpatiche di quelle monoteiste. Entrare in questi tempietti cinesi pieni di diverse divinità dalle più svariate forme ed espressioni è stato un po’ come quando da bambino leggevo le varie peripezie di Zeus e compagni.

Ma è stata la notte che ha riservato le maggiori emozioni.
Prima di tutto cena di famiglia per il compleanno di uno zio di Denzyl. Tavolata abbastanza sessista con da una parte tutti gli uomini e dall’altra donne e bambini. Tutti mi hanno accolto molto calorosamente, facendo subito battute sul Padrino per farmi sentire più a mio agio. L’accostamento italiano-mafia viene sempre automatico, anche se alcuni miei interlocutori erano abbastanza stupiti nello scoprire che la mafia esiste ancora. Altri invece avevano letto Gomorra e mi hanno chiesto informazioni su Saviano (non preoccupatevi comunque, non solo le notizie sulla mafia italiana sono arrivate a Singapore: anche le avventure del Papi erano ben note).
Una cosa divertente degli asiatici, almeno di quelli che ho avuto modo di conoscere, è che sembrano incapaci di non ridere a voce alta. Trovarsi nel mezzo di questa tavolata di singaporiani sghignazzanti ha ricordato molto le patrie cene di famiglie, dove la cagnara la fa da padrone. La cena si è conclusa con un rituale cinese di buona fortuna, consistente nel mescolare tutti insieme un piatto con diverse verdure tritate. Potete vedere il video qui sotto.

(IL VIDEO LO METTERO' PIù TARDI)


Dopo cena siamo andati a prendere Jolene, la ragazza di Denzyl a casa sua. Il padre di lei è stato giocatore ed allenatore della nazionale di basket di Singapore, quindi abbiamo subito trovato un argomento di discussione. Anche qui sono stato accolto splendidamente, tanto che ho lasciato la casa con due arance (che nel linguaggio non verbale cinese rapprensentano un gesto di cortesia e buon augurio, ma solo se in numero pari); ma soprattutto con una divisa di basket della squadra allenata ora dal padre di Jolene. Semplicemente magnifici. Sono curioso di vedere come sarà andare all’allenamento della Martesana basket con la divisa dei New City. In ogni caso, la custodirò gelosamente.

Ed infine, the big night. Location: the Butter Factory, a due passi dal Merlion, la statua più famosa di Singapore.
Un avvertimento: se andate a far baldoria in questi lidi, siate preparati, perchè una delle attività preferite dai giovani autoctoni consiste nello “sbronza lo straniero”. Visto che sentivo sulle spalle il peso di rappresentare la mia nazione, ho dato il meglio di me, ottenendo feedback positivi (i commenti principali la mattina seguente erano sul tema “he’s a soldier”, equivalente al nostrano “ci sta dentro”).
Nel video che posto sotto potete ammirare il vostro eroe alle prese con quello che è considerato il vero banco di prova: il Flaming Lamborghini. Le fiamme c’erano. Più che su di una Lamborghini, dopo un po’ sembrava di essere sulle montagne russe.




Giorno 3 o “Allegre chiacchierate in sauna con rubicondi laureati al MIT e altre storie”
Come ci insegnano fin da quando siamo bambini, “di notte leoni, di mattina...”
L’ultimo giorno di questo anno del bue è stato il più classico dei giorni post-sbornia. Sveglia tardi, pasto frugale, cazzeggio pomeridiano. Dopo pranzo infatti siamo andati a svernare in piscina con annessa sauna (fare una sauna finlandese a 100km dall’equatore è la prima cosa che non avrei mai pensato mi sarebbe successa a Singapore ed invece è successa; la seconda è stata bere un Negroni qui: mitico Denzyl!). In sauna c’era questo professore che dopo averci intrattenuto con un discorso sull’importanza della greed, che ricordava molto il famoso monologo di Gordon Gekko, ci ha spiegato come mai Singapore ha bisogno del nucleare. Vabbé.
La sera cenone di capodanno in famiglia e poi, dopo più di anni, incontro con Steve, la cellula indonesiana dell’ITT, e la sua nuova fluente capigliatura. De puta madre broder!


Giorno 4 o “Il capodanno cinese è un investimento privo di rischio e altre storie”.
Singapore certamente mi ha arricchito sotto molti profili, sia dal punto di vista umano, che dal punto di vista del peso, in quanto in questi ho mangiato come se non ci fosse un domani. Però ora vi faccio rosicare un poco. Perchè uno dei modi in cui questo paese mi ha arricchito è stato anche dal punto di vista economico. In primo luogo perchè Denzyl e la sua famiglia mi hanno quasi sempre impedito (anche fisicamente) di pagare la cuenta. Ma non è qui il punto.
Infatti, la tradizione cinese vuole che, all’inizio del nuovo anno, le coppie sposate diano una busta con dei soldi alle persone non sposate. Io pensavo chiaramente questa usanza fosse limitata ai membri della famiglia, fino a quando non ho iniziato a ricevere anch’io buste da tutti i parenti in visita. All’inizio ho provato timidamente a rifiutare, spiegando loro che mi faceva sentire un po’ in colpa ricevere soldi per essere ospitato; poi mi hanno spiegato che non dovevo preoccuparmi, in quanto la tradizione vuole così. Così ogni volta che zie e prozie mi davano la loro benedizione monetaria per il nuovo anno, sentivo dietro il padre di Denzyl che sganasciava di gusto nel vedere la scena.
A sera, tra buste e bustine, ho contato circa 100 dollari di Singapore, dividete per due e ottenete il mio profitto in termini del patrio conio. Mica male per aver dovuto semplicemente dire “Happy New Year” con un italico sorriso in viso!
Durante la giornata sono arrivati quindi in visita un paio di dozzine di parenti. Ho scoperto anche che una delle attività principali di questa giornata è il gioco d’azzardo in famiglia. L’aspetto più sorprendente, però, è la rapidità con cui giocano a carte. Sono abituato a vedere partite di poker, dove i contendenti restano tutto il tempo seduti ed in religioso silenzio. I ritmi e la frenesia di queste partite invece ricordavano più la velocità del gioco delle tre carte che il Texas Hold ‘Em. Anche perchè i partecipanti erano mezzi in piedi, urlanti e sghignazzanti.

In questi giorni sono sempre stato con persone di etnia cinese. C’è però una grande differenza tra la generazione di Denzyl e quella di suo padre. I cinquantenni sono per lo più singaporiani di seconda generazione, ma sono ancora strettamente legati alle usanze e ai costumi cinesi. Parlano della storia della Cina con orgoglio; parlano tra di loro dialetti cinesi; anche quando si riconoscono singaporiani, sembra quasi che considerino la Cina come la loro vera madre patria. La generazione di Denzyl, invece, sia nei costumi che nei modi di fare, è molto più occidentalizzata. Anche se frequantano per lo più ragazzi dello stesso ceppo etnico, si considerano singaporiani e anzi guardano con un po’ di diffidenza i “cinesi” ultimi arrivati.
É interessante vedere come vanno le cose in un paese dove la convivenza di diverse etnie è una realtà già da molti decenni. Chissà come saranno le cose da noi tra qualche decennio. Di certo, per quanto riguarda il rispetto reciproco, Singapore ha molto da insegnarci.
However, Buon Anno della Tigre a todos!

Giorno 5 o “Il wrestling degli indiani in spiaggia e altre storie”
La mattinata dell’ultimo giorno in Asia sono andato, con Denzyllo e Esteve, sull’isola di Sentosa, che sarebbe ipoteticamente il luogo dove sono concentrate le spiagge di Singapore. Uso il condizionale in quanto, più che un centro balneare, ricorda più un parco divertimenti. Inoltre, la spiaggia artificiale con la sabbia importata dall’Indonesia e con tanto di isola finta, creata per nascondere le petroliere e le navi container del vicino porto, difficilmente trasformeranno questa isoletta nella futura Phuket. Ma, probabilmente, nemmeno in una Riccione asiatica. Nonostante ciò, forse perchè era giorno di vacanza, la spiaggia era affollatissima.
La cosa più buffa era vedere questi gruppi di ragazzi indiani fare la lotta per gioco. Inizialmente pensavamo fosse in corso una lite, ma quando abbiamo inizato a vedere più gruppi che si menavano per trascorrere una piacevole mattinata, abbiamo rivisto le nostre posizioni.
Nel pomeriggio poi giro in centro con annessa salita sul grattacielo più alto della città, per le foto di rito allo skyline. Serata nostalgia, bevendo birra neo zelandese e ricordando i tempi di Maastricht.

¡Más o menos es todos, chicos! Ormai l’aereo sta entrando nel New South Wales e tra un’oretta inizia la vera avventura nel down under. Spero di avervi trasmesso la voglia di considerare Singapore se non una meta di vacanza, per lo meno un buon punto di partenza, dove trascorrere alcuni giorni prima di partire in esplorazione per il Sud-Est asiatico.
Dall’Asia è tutto. Il monitor davanti a me dice che ad Istanbul albeggia e ad Honolulu stanno bevendo un mojito vedendo il sole affondare nel Pacifico. Sayonara!

Chi non viene sul blog sarà KO dopo un Flaming Lamborghini!

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