Buenas tarde a todos!
Vi sono mancato? In questi ultimi giorni ho avuto poco tempo per scrivere, anche perchè ho appena traslocato e ho passato questi primi giorni in Old South Head Road a tentare di imparare i nomi di, se non tutti, almeno una parte dell’esercito di persone con cui condivido il tetto. Sono anche successe un paio di cose, diciamo sgradevoli, che hanno fagocitato la mia attenzione. Però oggi sono di buon umore quindi non mi va di parlarne; vi basti sapere che il problema aveva a che fare con il Cimex Lectularius e che ora (spero) dovrebbe essersi risolto.
Breve nota di servizio: ho deciso che non caricherò le foto di questi mesi su Facebook, ma su Flickr per due ragioni: la prima è che alcuni dei miei più accaniti lettori (nonchè sponsor principali) non hanno Facebook e non sono intenzionati a farselo; la seconda è che così le foto saranno viste solo da chi è interessato, lasciando così all’oscuro tanti miei “amici” di Facebook, che non vedranno comparire le mie foto sulla loro pagina. Potete trovare le foto di Singapore qui, mentre della storia che vi sto per raccontare qui.
Vi consiglio però di guardarle tutte solo alla fine di aver letto questo post. Ho anche caricato il video della tradizione cinese dal nome irricordabile qui, perchè il video era troppo grande per essere caricato su questo sito.
Ma riprendiamo da dove ci eravamo lasciati. Avevo trovato casa. Terminato quindi (almeno provvisoriamente) il mio peregrinare senza meta per le vie più decentrate della città, ho potuto finalmente dedicarmi a una delle mie attività favorite: il turismo compulsivo.
Allora, venerdì scorso: sveglia dal Globe Hostel, colazione rigenerante da 8 dollari a base di cappuccino e croissant e pronti per andare da Kings Cross a Watson Bay. Dal momento che so che molti di voi non sono particolarmente ferrati sui diversi quartieri della capitale del New South Wales, vi risparmio la fatica e vi metto qui il mio itinerario approssimativo (anche se io sono convinto di aver camminato per più di 16 kilometri)
Avevo capito di essere sulla strada giusta quando, ancora in Rushcutter Bay, chiedendo ad un autoctono indicazioni per Watson Bay, mi sono sentito rispondere: “it’s quite long but it’s a very nice walk and not many overseas tourists do that”.
Non si trattava certo dell’itinerario più turistico di Sydney, visto che ero l’unico tra le persone che ho incontrato dotato di macchina fotografica. Ma, nondimeno, in più punti questa passeggiata mi ha regalato delle impagabili viste panoramiche sulla baia di Sydney con tanto di skyline e di quel vanitoso di un Harbour Bridge che non rinuncia mai ad apparire in una foto. La giornata è stata anche ricca di incontri interessanti, o per lo meno curiosi.
Il primo non l’ho ancora capito bene e mi servirebbe un esperto di costumi orientali per ottenere una spiegazione valida. Ero in un parchetto vicino al porto e vedo questo gruppo di cinesi procedere in fila indiana, biascicando qualche parola a labbra chiuse. Non solo, ai lati del parco vedo altre persone continuare a mormorare qualcosa in mandarino. Inizalmente pensavo ad una comitiva turistica, ma quando hanno iniziato a girare in tondo per il parco mi sono incuriosito. Al che, il vostro eroe, armato con la sua Panasonic Lumix, decide di immortalare per i posteri questo bizzarro comportamento. Quand’ecco una ragazza inviperita venire verso di me ad intimarmi di cancellare la foto. Non l’ho fatto, apportando come pretesto che l’allegra comitiva non rientrava nella foto. La foto è questa. Chiunque sappia qualcosa su queste strane usanze non esiti a contattarmi. Mah!
Il secondo non è stato proprio un incontro, perchè questa parola sottindende una qualsiasi forma di interazione interpersonale, che in questo caso non è avvenuta. Però è stato un momento piacevole. Ero in un altro parco in riva al mare, deciso a prendermi una pausa in un angolo immerso nella totale quiete e con tanto di vista sulla city. Perchè Sydney ha una caratteristica che non avevo mai trovato in una città di più di 4 milioni di abitanti: ti regala dei posti che ti permettono di sentire solamente lo scrosciare delle onde e il cantare degli uccelli. In questo angolo lontano dalla frenesia cittadina vi erano altre due persone. Un pescatore di passione e un postino in pausa. Nessuno dei due mi ha dedicato più di uno sguardo. Ma siamo rimasti per una mezz’ora non troppo distanti l’uno dall’altro, attenti a non disturbare la pace del posto. Per tutto il periodo in cui sono rimasto lì, ho visto il pescatore prendere diversi pesci, senza però tenerne nessuno. Non aveva nemmeno il secchio, dove in genere chi pesca tiene il pescato. Probabilmente rigettava i pesci in mare perchè troppo piccoli, ma mi piace immaginarlo come uno che aiuta i pesci a non farsi pescare; come quando uno si prende una malattia infettiva e poi ne diventa immune, allo stesso modo un pesce, dopo aver abboccato una volta ad un’esca starà ben attento a non farlo una seconda. Mi piace pensare che questo fosse l’hobby del mio compagno di quiete: istruire i pesci a non fidarsi degli ami.
Il secondo personaggio, invece, sembrava appena uscito da un pub scozzese. Venuto in bicicletta, non si è mai tolto il casco per tutto il tempo in cui è rimasto lì, trascorrendo i minuti della sua pausa pranzo sorseggiando una birra con gli occhi fissi sulla baia e i piedi sospesi sopra le onde. Se mai dovessi finire per essere un postino a Sydney, penso che anch’io passerò le mie pause pranzo in questo modo in Elizabeth Bay.
Il terzo incontro però è stato il più divertente. L’ora di pranzo era arrivata da un pezzo e cominciavo ad avere fame. Avevo già visto diversi bar, ma nessuno di questi vendeva alcolici. Potevo transigere su diverse cose, ma avevo assolutamente voglia di una birra fresca. É così che sono arrivato a un risto-bar, che offriva anche la possibilità di scommettere sulle corse dei cani. Dopo il mio meritato piatto di calamari fritti, stavo consultando la Lonely Planet, quando si avvicina un signore dagli addominali particolarmente rilassati, sorpreso dal vedere un turista in quel bar. Ho passato un po’ di tempo con lui e i suoi compagni di bevute, scroccando un’altra birra, ricevendo consigli su posti da visitare in Australia e ricambiando gli stessi, suggerendo ristoranti in Trastevere, per il mio nuovo amico che stava per partire per Roma. Gli australiani, almeno quelli che ho avuto modo di conoscere finora, sono molto aperti e curiosi nei confronti dello straniero, specialmente se viene da lontano. Ho avuto il mio da fare per spiegare che volevo raggiungere a piedi Watson Bay e non volevo un passaggio in macchina. Ancora più sofferto è stato il rifiuto della terza birra.
Più tardi, nel pomeriggio, ho avuto ancora modo di testare la gentilezza australiana quando un anziano signore, vedendomi in difficoltà nel trovare le indicazioni stradali, dopo avermi aiutato mi ha anch’egli proposto un passaggio in macchina. Al mio rifiuto mi ha detto che sarei dovuto ripassare per una tazza di té. Impagabile.
Il mio arrivo a Watson Bay è stato reso più dolce da una coppia just married, intenta a fare le foto di rito, e da Eolo, che aveva finalmente iniziato a spazzare via le nubi e regalarmi il mio meritato sguardo sulla baia, sotto l’azzurro di un cielo con l’ozono bucherellato.
Sydney ti risveglia delle voglie che non pensavi di avere. Una su tutte: ti viene voglia di andare in barca a vela. Ho sempre preferito la terra all'acqua, ma quando vedi tutte queste barche delle più svariate dimensioni cavalcare le tranquille onde della baia, la tentazione di rivdere le proprie posizioni è forte.
Un'altra cosa che mi piacerebbe fare qui, e non ridete, è fare un corso di bird-watching, nell'accezione più ornitologica del termine. Le nostre città sono piene di piccioni e passeri. Qui ci sono uccelli di tutti i colori, forme, dimensioni e suoni. Il più frequente e ridicolo è questo, che con la sua camminata claudicante fa compagnia a quelli che fanno picnic nei parchi. Ma questi ibis non sono gli unici pennuti che si trovano facilmente, perchè si vedono anche questi, questi, questi e questi.
Alla fine sono arrivato a the Gap, la parte della penisola di Vaucluse che si affaccia sull'oceano e dove si registrano la maggior parte dei suicidi di Sydney. Tutti quelli a cui chiedevo informazioni stradali per The Gap mi rispondevano: "Don't jump off!".
Non ero lì per quello. E poi Eolo aveva appena finito il suo lavoro.
Ah, tornando a Kings Cross ho anche trovato loro. Ancora un poco e non li seguivo.
La prossima volta vi racconterò del Mardi Gras e della mia scoperta della città, ora sono stanco di scrivere.
Un abbraccio a tutti, soprattutto a chi mi ha scritto in questi giorni manifestandomi il loro affetto.
Chi non viene sul blog è un Kookaburra!
PS. per gli amanti delle scommesse, la persona che nel post precedente aveva richiesto un visto, l'ha ottenuto. L'ultima volta che persone dall'Extremadura sono sbarcate su un altro continente, le culture millenarie degli Aztechi e dei Maya sono scomparse nel giro di poco tempo. Spero che agli aborigeni australiani le cose vadano meglio.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento